Oggi è facile collegare un hard disk al nostro computer. Basta individuare il cavo e lo slot giusto e… fatto. Non bisogna fare nient’altro. Un hard disk esterno viene collegato e scollegato più volte senza influire su ciò che stiamo facendo, con una rapidità impensabile in passato.
Non bisogna andare troppo indietro nel tempo, in fatti, per riscoprire le vecchie tecnologie ed i vecchi “metodi” per collegare un hard disk. Un esempio? Pensate ai classici dischi rigidi collegabili solo con grandi e particolari cavi.
Si trattava delle tecnologie denominate Ata, ossia Advanced Technology Attachment, che hanno contraddistinto per decenni i nostri computer. Grandi fasci di cavi da inserire – spesso a forza – tra i componenti del nostro computer, che rendevano giganteschi i nostri portatili.
E, sopratutto, che richiedevano accortezze molto particolari. Non si poteva, in nessun caso ed in nessun modo, collegare un hard disk senza prima aver spento il computer. Bisognava necessariamente spegnere, collegare e riaccendere, e viceversa per rimuoverlo.
Oggi queste accortezze fanno parte del passato tecnologico, e solo i più attempati tra noi se ne ricorderanno. Tuttavia, potrebbe capitarvi tra le mani un vecchio hard disk con una delle interfacce Ata più comuni, detta Ide. Se ne trovano ancora, anche in vendita, o potreste averne recuperato uno da un vecchio pc.
Che farne? Potete sicuramente riutilizzarlo. Implementarlo in un moderno computer. Oppure sfruttarlo come hard disk esterno. Una soluzione che si è rivelata piuttosto pratica, nonostante i limiti di velocità e capienza dei vecchi dischi.
Ata? Ide? Di cosa parliamo
Possiamo affermare che la tecnologia Ata sia nata e si sia diffusa in concomitanza con il boom dei computer. Resa pubblica per la prima volta nel 1986, parliamo di uno standard che ha letteralmente cambiato il mondo dell’informatica.
In sostanza, tale tecnologia è uno strumento che permette ad una periferica esterna di comunicare con il nostro computer. Ad esempio, ci permette di collegare un lettore cd, ed al momento di riprodurre un disco – che sia musica, dati o altro – garantisce al computer la capacità di leggerlo e di riprodurre i file al suo interno.
Sembra una banalità, una cosa ovvia. Ma al tempo non era affatto scontato che un computer fosse in grado di comunicare con una periferica esterna, di qualunque natura. Ecco dunque che i connettori Ata rivoluzionarono il settore, dando vita all’iper connettività che oggi conosciamo.
Dopo un lungo periodo di sperimentazioni e di nuove soluzioni, l’attenzione si focalizzò sulla memoria interna. I computer, fino agli inizi degli anni ’80, non avevano grandi spazi di memoria. A partire da quegli anni però i dischi rigidi si standardizzarono e si diffusero.
Esistevano già supporti mobili come il floppy disk, da li a breve sarebbero sopraggiunti i compact disk. Tutti questi supporti comunicavano con i computer tramite un connettore Ata, che prese tuttavia il nome di Ide, Integrated Drive Electronics.
Solo nel 2003 venne reso pubblico il nuovo standard che tutt’oggi contraddistingue le connessioni informatiche, il Sata. Standard estremamente più prestante ed elevato che ha messo definitivamente da parte la tecnologia Ide.
Che differenze ci sono tra i due standard?
Volendo farla semplice, possiamo dire che l’Ata è più vecchio ed il Sata è più nuovo. Una spiegazione che potrebbe bastare in numerosi discorsi, ma che è opportuno approfondire per comprendere le differenze tra le due tecnologie.
Anzitutto, l’Ata è una tecnologia di trasmissione parallela, mentre il Sata è una tecnologia di trasmissione seriale. Che vuol dire? Che l’Ata dispone di più cavi che trasmettono esclusivamente un bit ciascuno, in contemporanea, mentre il Sata ha un unico cavo di trasmissione che trasmette tutte le informazioni in sequenza. Questa trasmissione è molto più veloce, e fisicamente richiede cavi più piccoli.
Per comprendere la differenza, si può utilizzare come riferimento la velocità di trasmissione: un cavo Ata o Ide può trasmettere ad una velocità massima di 133 megabyte al secondo, mentre i moderni cavi Sata arrivano anche a 6 gigabye. Una differenza impressionante che sarà ulteriormente implementata in futuro.
Come già detto, inoltre, i moderni collegamenti Sata possono essere collegati senza dover spegnere il computer: tale tecnologia si chiama hot plugging, e vale per tutti gli standard Sata in circolazione. Non vale, invece, per le precedenti tecnologie.
Oggi tutti i dispositivi e le periferiche si sono convertite a questa tecnologia, e permettono trasferimenti veloci e stabili. Esistono tuttavia rivenditori che continuano a produrre periferiche con interfaccia Ata o Ide, anche perché risulta essere ancora largamente utilizzata.
Comprare un hard disk ide, oggi
È possibile, e si può fare senza spendere una fortuna. La capacità di archiviazione è aumentata, ed anche i dischi Ide – o Eide, versione migliorata e più prestante del vecchio standard – si presentano con grandezze da 500 gigabyte o da 1 terabyte.
Se poi disponete del solo disco, potreste valutare l’acquisto di un connettore esterno: si tratta di un particolare dispositivo che permette di collegare tramite USB diverse tipologie di dischi, compresi gli Ata o Ide.
Sono infatti molto utilizzati in sistemi di videosorveglianza, di archiviazione dati, in nas o apparecchiature di rete e servizio. Impieghi che non richiedono un’elevata velocità nei trasferimenti, dove si può tranquillamente attendere qualche secondo o minuto in più.
Per quanto riguarda i costi, si trovano in vendita a partire dai 30 euro a salire in base alla dimensione ed allo spazio di archiviazione. Diversi i produttori che continuano ad immettere nuovi modelli sul mercato, come Toshiba ed Hitaci.